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Punti di forza e criticità di un nuovo modo di fare terapia
Introduzione
Il setting della psicoterapia, ad oggi, non si presenta più unicamente nella relazione vis-à-vis, ma può essere declinato in diverse forme che escludono il contatto diretto tra cliente e terapeuta. Le sedute – individuali o di gruppo – possono essere svolte principalmente in due modalità (Mancuso, 2019):
– modalità sincronica: via telefono o videoconferenza;
– modalità asincronica: via chat, e-mail o forum
In letteratura ci si riferisce dunque ad una varietà di condizioni, accomunate dal fatto che le persone coinvolte non sono fisicamente compresenti e che la comunicazione viene mediata da un dispositivo informatico. Le relazioni, personali e terapeutiche, svolte a distanza caratterizzano in modo particolare il contesto storico odierno, poiché sempre più qualificato da espatri, trasferimenti e frequenti spostamenti per studio e lavoro.
L’utilizzo di tali strumenti e modalità comunicative si è reso particolarmente necessario alla luce dell’attuale pandemia, in risposta alle richieste di iniziare o proseguire percorsi terapeutici, evitando un contatto personale diretto. Se prima la pratica della terapia a distanza poteva risultare piuttosto inusuale, la situazione d’emergenza ha portato molti professionisti a sperimentarsi nel setting virtuale, il quale risulta essere una valida alternativa all’incontro diretto tra i due attori (Fornari & Terranova 2020). Diversi studi hanno messo in evidenza una correlazione positiva tra trattamento online e alleanza terapeutica: sembrerebbe che i valori medi di efficacia della terapia a distanza siano molto simili a quelli della terapia faccia a faccia (Amichai-Hamburger, Klomek, Friedman, Zuckerman, & Shani-Sherman, 2014; Barak, Hen, Boniel-Nissim, & Shapira, 2008; Mancuso, 2019).
In ogni caso, è utile fare una panoramica sui molteplici punti di forza e di debolezza di tale modalità di trattamento.
Criticità
Alcune domande restano aperte soprattutto per quanto riguarda i percorsi di terapia che vengono svolti, fin dal primo colloquio, con modalità online. In questi casi, viene a mancare il rituale canonico di avvicinamento e conoscenza primaria tra due soggetti. Il terapeuta perde, in parte, il carico di informazioni che riguardano il soggetto da un punto di vista dell’utilizzo del proprio corpo all’interno della relazione, così come altri aspetti della corporeità che caratterizzano la comunicazione non verbale. Si omettono, parimenti, gli aspetti che riguardano la struttura corporea e il modo di vestirsi e presentarsi nel setting. Ulteriori sfide si pongono nel momento in cui il cliente non ha le possibilità di costruire un posto sicuro e privato in cui poter godere della terapia, a causa della condivisione dello spazio con altri componenti della famiglia. Secondo Fornari e Terranova (2020), il terapeuta ha come compito quello di ricreare un luogo terapeutico che abbia delle connotazioni di specificità e particolarità. È importante dunque, a parere delle autrici, organizzare il setting in termini di spazi e orari. La strutturazione del luogo terapeutico ha, infatti, il fine di evitare e ridurre i rischi legati alla presenza del cliente in un ambiente quotidiano e percepito come estremamente familiare – ovvero la propria abitazione. La tematica della familiarità dell’ambiente di lavoro – ufficio o casa – tocca nello stesso modo il vissuto dello stesso terapeuta. A tali criticità se ne aggiungono altre di natura più pratica, come ad esempio la possibilità che l’utente non disponga di una connessione ottimale per lo svolgimento della videochiamata, o che non possa usufruire
dei mezzi o degli spazi necessari per creare un setting terapeutico adeguato alle esigenze di entrambi i soggetti. Alcuni studi suggeriscono l’idea che una terapia più immersiva e più assimilabile ad un’esperienza faccia a faccia, possa prendere forma tramite la tecnologia della realtà virtuale. Nonostante la possibilità di ricreare la sensazione di presenza fisica, secondo Riva (2005), si ripresenterebbe il limite della mancanza di qualcosa di “altro” presente nell’interazione faccia a faccia.
Lo studio meta-analitico di Parsons e Rizzo (2008), ha, in ogni caso, evidenziato che il trattamento con la VRET (virtual reality exposure therapy) ha portato risultati efficaci sul trattamento del disturbo d’ansia generalizzato e delle fobie specifiche, riducendo i sintomi di evitamento. La terapia a distanza, però, non sembra essere efficace per soggetti con particolari caratteristiche: il contatto online potrebbe rinforzare, invece che dissipare, i vissuti di alienazione o di perdita di contatto con la realtà (Manca, 2020). Rientrano nella suddetta categoria di utenti coloro che presentano difficoltà legate all’esame di realtà, di ideazione suicidaria, vittime di violenza o abusi in atto e chi presenta disturbi di personalità con marcata compromissione del funzionamento. Questi casi delicati necessitano della presenza fisica del terapeuta, al fine di gestire eventuali comportamenti pericolosi (Stofle 2001).
Vantaggi
Secondo Maheu e Gordon (2000), la psicoterapia a distanza è uno strumento utile a migliorare il supporto e la prevenzione del disagio, poiché promuove la possibilità, per gli utenti, di accedere con maggiore facilità ai servizi di assistenza. L’utilizzo di strumenti alternativi e flessibili, permette infatti di raggiungere anche coloro che hanno limitazioni per quanto riguarda la mobilità o il tempo e che hanno impedimenti fisici – o psicologici – di diverso genere. Parrebbe, inoltre, che un contatto mediato dalla distanza interpersonale, promuova il senso di sicurezza legato alla privacy del paziente, soprattutto per quanto riguarda la percezione soggettiva di eludere situazioni di stigmatizzazione e disagio. La presenza virtuale sembrerebbe, infatti, essere percepita come meno minacciosa rispetto a quella reale (Mancuso, 2019).
Alcune peculiarità riguardano la modalità terapeutica che prevede l’utilizzo di chat ed email: Rivoltella (2003) dichiara che, nonostante vengano persi alcuni aspetti della comunicazione non verbale, la comunicazione scritta possa essere riletta e valorizzata tramite l’utilizzo di codici e segni comunicativi alternativi. La punteggiatura, l’utilizzo delle maiuscole, gli accenti, le emoticon e altri espedienti sono utili per dare una connotazione emotiva e, in generale, di significato che vada oltre al contenuto scritto.
Alcuni studi hanno dimostrato che un target di utenza adatto alla terapia online è quello rappresentato dagli adolescenti e dai giovani adulti, poiché più abituati e propensi all’utilizzo della tecnologia (Sweeney et al. 2016). La ricerca di Hanley (2009), condotta su adolescenti impegnati in una terapia online, ha dato risultati positivi, soprattutto per quanto riguarda la qualità dell’alleanza terapeutica, da cui consegue la riuscita del trattamento stesso. Tale dato conferma l’ipotesi che i giovani siano positivamente disposti nei confronti della terapia online.
In conclusione, si potrebbe affermare che la terapia online rappresenti una risorsa importante ed efficace, non solo al servizio delle necessità create dalla pandemia – per cui la terapia online è spesso diventata l’unica soluzione possibile – ma anche in relazione ad una molteplicità di bisogni e predisposizioni individuali.